La regolarizzazione degli stranieri e i suoi limiti.
di Nadia Ben Hassen

Il 15 agosto si è conclusa la procedura di emersione dei rapporti di lavoro con quasi 220 mila domande presentate in tutta Italia. Avviata lo scorso giugno ai sensi dell’art.103 del D.lgs. 34/20, la procedura dava la possibilità allo straniero senza permesso di soggiorno o con un permesso non convertibile, di regolarizzare la propria condizione giuridica e ottenere un permesso per ricerca lavoro o per motivi di lavoro subordinato.
La Caritas diocesana di Fano ha dato il proprio sostegno alle persone intenzionate ad accedervi, seguendo 22 casi che si sono presentati al Centro di Ascolto diocesano. “Questo ci ha permesso di osservare da vicino la situazione ed individuare limiti e problemi applicativi che hanno impedito in molti casi la partecipazione alla sanatoria– spiega Nadia Ben Hassen, operatrice del Centro di Ascolto- solo 9 sono riusciti effettivamente a fare domanda e sono ora in attesa di valutazione”. Di queste, 4 domande presentate da badanti irregolari e 5 da richiedenti asilo che avevano lavorato in passato in maniera regolare nei settori previsti dalla normativa.
Le difficoltà incontrate. In primis, la limitazione a pochissimi ambiti lavorativi. Ben 13 stranieri non sono riusciti a trovare il lavoro nei settori previsti (agricoltura; allevamento/zootecnia; pesca; lavoro domestico e assistenza alla persona) nei due mesi a disposizione, o hanno dovuto decidere se licenziarsi perché occupati in ambiti diversi. Le richieste di aiuto hanno poi riguardato il rilascio del passaporto o dell’attestazione di identità, documenti per alcuni paesi difficili da ottenere ma indispensabili per accedere alla sanatoria. Ulteriore ostacolo il pagamento del contributo forfettario (circa 500€) e il rilascio di un certificato che dimostrasse la presenza in Italia prima dell’8 marzo 2020 …Che ne sarà di quelle persone che hanno desiderio di impegnarsi, lavorare per cambiare la propria vita e quella dei propri familiari?