La macchina (im)perfetta

La macchina (im)perfetta

 

In ognuno di noi, in ciascun cervello come in qualsiasi cuore umano, esiste tenacemente la consapevolezza che qualunque realtà, situazione, gesto potrebbero e dovrebbero essere di gran lunga vissuti o affrontati in modo assai più accurato, con dovizia di particolari, con uno spirito maggiormente attento ed eventualmente con una Fede autentica e di reale sostegno.

Adotto i condizionali in quanto non sempre, in sostanza, essere coscienti di ciò che rappresenta il meglio e come davvero ci si adoperi coesistono assieme in un’unica realtà.

Questo è ciò che ritengo e sostengo, sia come risultato di vari vissuti personali, sia perché ritengo rappresenti un comune pensiero.

A mio avviso, ogni azione dalla più semplice e meccanica alla più complessa, se fatta con passione e autenticità può arricchirsi di esclusività, di importanza.

Viceversa, qualsiasi parola o gesto ricevuti con attenzione e accolti con la giusta maniera, possono essere visti sotto tutt’altra luce, maggiormente apprezzati e considerati.

Questo amerei nel mondo in cui vivo.

Questo però non è ciò a cui assisto.

Si assiste a vere e proprie competizioni per qualunque circostanza: per esiti di scuola, per status simbol di generi vari quali auto, case, vestiti e beni materiali. Persino laddove la competizione è accetta e doverosa, lo sport, viene invece macchiata sovente da sotterfugi chimici dopanti sperando in risultati sempre più eclatanti e sicuri, salvo poi incappare in umilianti ammissioni di frode.

Imperano etichette e marche per cibo, vestiario, accessori e quant’altro ma non sempre ciò è sinonimo di qualità, spesso solo di rigonfiamento di prezzi.

Tutto ciò è incluso nell’apparenza, nel mostrare e mostrarsi; tutto occorre che luccichi, che sia perfetto e non ci siano sbavature, ogni canone di “normalità” deve essere rispettato.

Ma cosa è normale? Cosa non lo è? Chi ha potere di giudizio?

E soprattutto che fine fa chi non è in grado di rispettare i severi criteri sociali imposti oggigiorno e che decretano il successo o meno della persona?

Questi quesiti, a mio avviso, hanno urgenza di risposte. Non tutti possono competere; immagino infatti la società come una complessa macchina in cui ogni pezzo è perfetto, funzionante, produttivo e rappresenta tutte quelle persone socialmente inserite e di successo. Al contrario, qualunque elemento difettoso, viene eliminato celermente rispettando un copione assai collaudato. E ciò che è peggio, è che a tutti va bene così.

Chi ha disabilità fisiche, chi ha perduto il proprio lavoro, chi non gode di una buona salute o di una florida economia, non possiede voce a sufficienza per confermare i propri diritti, anche solo quelli basilari. Occorre dunque ampliare, rafforzare e servirsi della rete sociale a nostra disposizione, “illuminare” chi di dovere (politici e autorità in merito), facendo comprendere l’importanza di ognuno, anche di coloro che non rispettano i rigidi canoni sociali e non sono in grado di produrre al pari di altri.

E’ necessario, inoltre, abbattere pregiudizi e preconcetti sovente imposti da mentalità ermetiche e arcaiche che colpiscono l’animo interiore spesso criticando paradossalmente il fisico esteriore e le sue eventuali mancanze.

Occorre adoperarsi per tutto ciò, per una società più equa, per chi sarà delle prossime generazioni.

In ognuno di noi, in ciascun cervello come in qualsiasi cuore umano, esiste tenacemente la consapevolezza che qualunque realtà, situazione, gesto potrebbero e dovrebbero essere di gran lunga vissuti o affrontati in modo assai più accurato, con dovizia di particolari, con uno spirito maggiormente attento ed eventualmente con una Fede autentica e di reale sostegno.

Adotto i condizionali in quanto non sempre, in sostanza, essere coscienti di ciò che rappresenta il meglio e come davvero ci si adoperi coesistono assieme in un’unica realtà.

Questo è ciò che ritengo e sostengo, sia come risultato di vari vissuti personali, sia perché ritengo rappresenti un comune pensiero.

A mio avviso, ogni azione dalla più semplice e meccanica alla più complessa, se fatta con passione e autenticità può arricchirsi di esclusività, di importanza.

Viceversa, qualsiasi parola o gesto ricevuti con attenzione e accolti con la giusta maniera, possono essere visti sotto tutt’altra luce, maggiormente apprezzati e considerati.

Questo amerei nel mondo in cui vivo.

Questo però non è ciò a cui assisto.

Si assiste a vere e proprie competizioni per qualunque circostanza: per esiti di scuola, per status simbol di generi vari quali auto, case, vestiti e beni materiali. Persino laddove la competizione è accetta e doverosa, lo sport, viene invece macchiata sovente da sotterfugi chimici dopanti sperando in risultati sempre più eclatanti e sicuri, salvo poi incappare in umilianti ammissioni di frode.

Imperano etichette e marche per cibo, vestiario, accessori e quant’altro ma non sempre ciò è sinonimo di qualità, spesso solo di rigonfiamento di prezzi.

Tutto ciò è incluso nell’apparenza, nel mostrare e mostrarsi; tutto occorre che luccichi, che sia perfetto e non ci siano sbavature, ogni canone di “normalità” deve essere rispettato.

Ma cosa è normale? Cosa non lo è? Chi ha potere di giudizio?

E soprattutto che fine fa chi non è in grado di rispettare i severi criteri sociali imposti oggigiorno e che decretano il successo o meno della persona?

Questi quesiti, a mio avviso, hanno urgenza di risposte. Non tutti possono competere; immagino infatti la società come una complessa macchina in cui ogni pezzo è perfetto, funzionante, produttivo e rappresenta tutte quelle persone socialmente inserite e di successo. Al contrario, qualunque elemento difettoso, viene eliminato celermente rispettando un copione assai collaudato. E ciò che è peggio, è che a tutti va bene così.

Chi ha disabilità fisiche, chi ha perduto il proprio lavoro, chi non gode di una buona salute o di una florida economia, non possiede voce a sufficienza per confermare i propri diritti, anche solo quelli basilari. Occorre dunque ampliare, rafforzare e servirsi della rete sociale a nostra disposizione, “illuminare” chi di dovere (politici e autorità in merito), facendo comprendere l’importanza di ognuno, anche di coloro che non rispettano i rigidi canoni sociali e non sono in grado di produrre al pari di altri.

E’ necessario, inoltre, abbattere pregiudizi e preconcetti sovente imposti da mentalità ermetiche e arcaiche che colpiscono l’animo interiore spesso criticando paradossalmente il fisico esteriore e le sue eventuali mancanze.

Occorre adoperarsi per tutto ciò, per una società più equa, per chi sarà delle prossime generazioni.

 

Cristina Tonelli