Il timore della paura...


Le paure sono costanti, sono presenze fisse nelle nostre anime, sono insite in noi, già presenti sin da piccoli manifestandosi nei contesti e nelle forme più varie. La nostra anima, il nostro essere è una macedonia di sentimenti, sensazioni, sfumature caratteriali risultato di una cascata di geni che ci vanno a formare dal nostro concepimento sommati a esperienze di vita accumulate nel tempo. La paura è una condizione che infarcisce il nostro animo.
La si prova per sistema di difesa, per inesperienza, per timore riguardo la nostra salute o a quella dei nostri cari; è una forma di protezione e può innescarsi improvvisamente o serpeggiare nel fondo del nostro spirito, costantemente e magari sopito per anni. Per me forse la paura è quasi un’amica, una sorta di compagna perenne che vive sulle mie spalle a mo’ di angelo, o di pappagallo da compagnia viste le mie instabili condizioni fisiche. Posso provarne quando il mio corpo fatica, quando avverto pericoli attorno a me ma di cui io fatico ad esserne il completo gestore o nel momento in cui debbo sottopormi a qualche prova, fisica o mentale. Ma forse, le paure più forti e preoccupanti sono quelle recondite, in cui tutto il mio essere potrebbe riporsi se non fosse per la mia grande capacità di sopravvivenza e forza che ho sviluppato e allenato per anni, un po’ per carattere un po’ per cause di forza maggiore. Il timore di restar sola, di non avere la mia famiglia accanto a me, o di non poter più disporre di coloro le quali si trovano accanto alla mia persona e che sono vitali per il mio fisico e il mio essere in toto. Paura della cattiveria e dell’indifferenza in cui la nostra società sta lentamente affogando, timore di perdere quella naturalezza, spontaneità, cultura, tradizione, calore a cui eravamo socialmente abituati. Le paure, però, qualcosa di positivo lo sortiscono: ci portano a mantenere “alta” la nostra concentrazione, siano esse in occasione di prove, che di pericoli, che di situazioni anomale o improvvise per la nostra persona. Ci aiutano a non lasciarci andare, a scrutare dentro noi stessi e fuori, nell’ habitat in cui siamo immersi. Per me, la paura è una sorta di medaglia la quale espone due facce, una specie di fiera temuta da tutti ma che se compresa e rispettata e ascoltata può esserci di arricchimento e compagna di vita nel nostro cammino terreno. Per poterla esorcizzare, renderla di dimensioni accettabili, occorre che sia analizzata, conosciuta, studiata e vissuta, occorre che non venga alimentata eccessivamente facendole assumere dimensioni spropositate ed eccessivamente pericolose. Io ho avuto grandi paure, ovviamente nate da condizioni fisiche affatto ottimali; paura di non proseguire con questa mia pazza vita terrena, di soffrire fisicamente, di far penare i miei cari… ma il bello della paura è che, una volta passata, la si dimentica repentinamente godendosi solo il bello delle cose, il buono della vita.
Le paure sono costanti, sono presenze fisse nelle nostre anime, sono insite in noi, già presenti sin da piccoli manifestandosi nei contesti e nelle forme più varie. La nostra anima, il nostro essere è una macedonia di sentimenti, sensazioni, sfumature caratteriali risultato di una cascata di geni che ci vanno a formare dal nostro concepimento sommati a esperienze di vita accumulate nel tempo. La paura è una condizione che infarcisce il nostro animo.
La si prova per sistema di difesa, per inesperienza, per timore riguardo la nostra salute o a quella dei nostri cari; è una forma di protezione e può innescarsi improvvisamente o serpeggiare nel fondo del nostro spirito, costantemente e magari sopito per anni. Per me forse la paura è quasi un’amica, una sorta di compagna perenne che vive sulle mie spalle a mo’ di angelo, o di pappagallo da compagnia viste le mie instabili condizioni fisiche. Posso provarne quando il mio corpo fatica, quando avverto pericoli attorno a me ma di cui io fatico ad esserne il completo gestore o nel momento in cui debbo sottopormi a qualche prova, fisica o mentale. Ma forse, le paure più forti e preoccupanti sono quelle recondite, in cui tutto il mio essere potrebbe riporsi se non fosse per la mia grande capacità di sopravvivenza e forza che ho sviluppato e allenato per anni, un po’ per carattere un po’ per cause di forza maggiore. Il timore di restar sola, di non avere la mia famiglia accanto a me, o di non poter più disporre di coloro le quali si trovano accanto alla mia persona e che sono vitali per il mio fisico e il mio essere in toto. Paura della cattiveria e dell’indifferenza in cui la nostra società sta lentamente affogando, timore di perdere quella naturalezza, spontaneità, cultura, tradizione, calore a cui eravamo socialmente abituati. Le paure, però, qualcosa di positivo lo sortiscono: ci portano a mantenere “alta” la nostra concentrazione, siano esse in occasione di prove, che di pericoli, che di situazioni anomale o improvvise per la nostra persona. Ci aiutano a non lasciarci andare, a scrutare dentro noi stessi e fuori, nell’ habitat in cui siamo immersi. Per me, la paura è una sorta di medaglia la quale espone due facce, una specie di fiera temuta da tutti ma che se compresa e rispettata e ascoltata può esserci di arricchimento e compagna di vita nel nostro cammino terreno. Per poterla esorcizzare, renderla di dimensioni accettabili, occorre che sia analizzata, conosciuta, studiata e vissuta, occorre che non venga alimentata eccessivamente facendole assumere dimensioni spropositate ed eccessivamente pericolose. Io ho avuto grandi paure, ovviamente nate da condizioni fisiche affatto ottimali; paura di non proseguire con questa mia pazza vita terrena, di soffrire fisicamente, di far penare i miei cari… ma il bello della paura è che, una volta passata, la si dimentica repentinamente godendosi solo il bello delle cose, il buono della vita.
Cristina Tonelli