Intervista al nuovo direttore Caritas

Intervista al nuovo direttore Caritas

Il 15 ottobre il Vescovo Mons. Trasarti ha nominato Ettore Fusaro nuovo direttore della Caritas diocesana per il prossimo quinquennio. Abbiamo chiesto direttamente a lui di raccontarci come è nato il suo rapporto con Caritas.
«Sono nato a Pergola e attualmente viaggio in sud Italia e nella regione dei Balcani per conto di Caritas Italiana e del Consorzio Communitas, occupandomi di interventi sociali, lotta al caporalato e flussi migratori. Il mio incontro con Caritas è avvenuto per caso. Ho fatto l’obiettore di coscienza ormai più di 25 anni fa e sono stato precettato all’epoca alla Caritas di Ancona. E lì tutto è iniziato.»
– La tua nomina avviene in un periodo decisamente impegnativo, dal dover affrontare gli effetti della pandemia sul territorio all’aperura del sinodo universale. Come vedi il ruolo di Caritas davanti a queste sfide?
«Sì, è davvero un periodo interessante. Per rispondere mi viene in mente una frase di un collega incontrato tempo fa “le emergenze o ti fanno o ti distruggono”. Da un punto di vista operativo, le sfide sono importanti: richiedono la capacità di sapersi fermare, capire perché sono nate e poi voglia di sapersi mettere in discussione e avere la forza di ripartire da zero.
Anche il Sinodo è una sfida. Se scegliamo di vivere un sinodo autoreferenziale è una sfida comoda, che non produrrà cambiamenti. Se invece ci lasciamo valutare e abbiamo la capacità non solo di ascoltare, ma anche di apertura verso chi sta lontano da noi per cultura, linguaggi, pensieri, credo che allora sia una sfida meno comoda, ma decisamente più interessante. Senza mai dimenticare che se siamo in Caritas è perché c’è qualcosa di più grande di noi, che ci muove e ci fa mettere in cammino. Anche Gesù in fondo è stato un camminatore.»
– Quali aspetti ti preoccupano di più e quali vorresti invece valorizzare?
«Vorrei cambiare i linguaggi, trovare un nuovo dizionario, non solo delle parole che usiamo nei confronti di chi serviamo, ma anche per come le descriviamo, come le raccontiamo. Le persone che incontriamo hanno nomi, pensieri, modi di vivere e passioni. Ecco, vorrei riuscire a raccontare anche questo.
Tutto questo non da solo, non voglio costruire un dizionario monolingua. Deve essere frutto di un lavoro di squadra, costruito e contaminato da tutti.»
– Come ultima domanda, che cosa ha da dire la Caritas diocesana ai giovani?
«Ai giovani abbiano tanto da dire e soprattutto tanto da fare. La cosa più importante è che non li dobbiamo prendere in giro. Ai giovani dobbiamo dare fiducia e soprattutto delegare delle responsabilità. Perché il loro è sicuramente un occhio pulito in grado di valutare quello che stiamo facendo.
Ora faccio io una domanda provocatoria, a cui proveremo a rispondere a partire dall’assemblea delle Caritas parrocchiali del 26 di novembre: siamo disposti ad essere guidati dai giovani?»