La comunità che accoglie – Al via il progetto APRI

La comunità che accoglie – Al via il progetto APRI

L’accoglienza fa bene a chi la fa e chi la riceve

Vivere in un paese diverso dal proprio, senza una rete di supporto fatta di amici, parenti, conoscenti. Senza persone disposte a tenderti la mano, ad aiutarti in una situazione di difficoltà.
Tanti migranti e rifugiati si trovano in questa situazione, senza un punto di riferimento, senza qualcuno che possa “dare una mano” nel momento del bisogno, senza dei nonni a cui lasciare i figli, senza qualcuno che possa fare da padrino ad un battesimo, senza qualcuno che ti sappia consigliare e indirizzare nei problemi della vita di tutti i giorni.

Il progetto APRI mira a questo: creare una rete di vicinanza che possa aiutare rifugiati e richiedenti asilo a non essere soli, ma ad essere inseriti in un contesto sociale e di supporto.
Promosso da Caritas Italiana, il progetto​ prende il nome dai 4 verbi Accogliere, Proteggere, Promuovere, Integrare con i quali Papa Francesco ha prefigurato il percorso di accoglienza ed inclusione dei rifugiati-richiedenti protezione internazionale e degli immigrati più vulnerabili.

Anche la nostra diocesi ha risposto a questo appello e, con il recente avvio della terza accoglienza, il progetto è finalmente a pieno regime, accogliendo in tutto dieci persone, ovvero due famiglie e un singolo. Il progetto APRI non vuole creare semplicemente uno spazio, ma un vero e proprio luogo. Non uno spazio dove “parcheggiare” gli accolti, ma un luogo, vivo ed abitato, che sia il primo passo per creare una rete, composta in primis da chi fa accoglienza e dalle comunità parrocchiali che accolgono.

Infatti le due famiglie sono accolte in due distinte comunità parrocchiali che se ne prendono cura accompagnandole nel percorso di integrazione, con la supervisione di Caritas diocesana. La collaborazione fra comunità e Caritas è fondamentale per andare a colmare tutte quelle necessità che, singolarmente, non si potrebbero soddisfare.

Nel secondo caso invece si tratta di un’esperienza innovativa: l’accoglienza si svolge all’interno di una struttura diocesana gestita dalla Caritas, dove abitualmente si svolge l’esperienza della vita comunitaria dei giovani in servizio civile.
E la rete è forte ed evidente anche in questo caso: accanto al giovane accolto e al giovane in servizio civile ci sono un volontario storico del centro d’ascolto, tutor del giovane accolto, e le responsabili del servizio civile, che accompagnano due giovani che non hanno paura di incontrarsi, senza pregiudizi, con la volontà di scoprire di più su una cultura diversa, su una lingua diversa, su un modo di cucinare diverso. Giovani che non hanno paura di dimostrarci che, attraverso l’incontro e il dialogo, l’integrazione è l’unica strada percorribile.

Andrea Paoloni