AMARSI A PELLE

Il mondo dei tatuaggi non ha mai catturato la mia attenzione, occupata come sono da sempre dal mio fisico già abbondantemente segnato da cicatrici memori di battaglie vitali.
Mi sono imbattuta in un articolo comunque interessante poiché unisce l’idea di vanità all’utilità fisica ed emotiva.
Una ragazza argentina ventottenne, decide di ricoprirsi di tatuaggi laddove la sua pelle è stata rovinata per sempre da ustioni dovute ad un incendio subìto anni prima.
Lali, il suo nome, si vergognava della sua pelle e questo tormentava il suo animo peggiorando di molto la qualità di vita fino alla scoperta dei tatuaggi curativi per vittime di incidenti.
Questi le hanno reinfuso sicurezza e voglia di vivere, andando a coprire le brutture che la sua pelle ha dovuto subire. (La Repubblica, 22/04/2021)
Inizialmente destinati a galeotti e marinai, non propriamente ceti sociali considerati elevati, i tattoo nel tempo si sono diffusi trasversalmente in ogni target sociale.
Per quale motivo? Per moda, bisogno di differenziarsi dalla massa, ricerca di identità, sicurezza, voglia di accettazione (Lali rinasce quando torna ad avere una vita sociale) e di imprimere sul derma momenti indimenticabili come lieti eventi, attraverso una prova comunque dolorosa.
I tatuaggi, intesi come segni indelebili su pelle, provengono da lontano, addirittura migliaia di anni prima di noi, quando i preistorici si imprimevano segni e incisioni sulla pelle per applicare i primi medicamenti erbacei grezzi, albori di una medicina empirica, nella speranza di alleviare dolori.
L’idea di adornare, segnare, alleviare, esaltare, imprimere la propria pelle può avere tante motivazioni, le più varie e soggettive.
La costante unica è l’irreversibilità della scelta, più o meno impegnativa che sia.
Sono preferenze apprezzabili o meno, piacimenti personali con la maggior o minor convinzione del caso, ma trovo che dietro si “nasconda” spesso la fantasia, l’intelletto, la profondità della cognizione umana, che tentano in ogni modo di manifestare la propria presenza e importanza in un mondo in fondo saturo di esseri umani.
Forse la perseverante crisi identitaria degli ultimi decenni che sta coinvolgendo oltremodo i più giovani, fa sì che molti addobbino il proprio derma con immagini varie, poiché in fondo tutto ruota attorno alle emozioni, visive e non.
Il mondo dei tatuaggi non ha mai catturato la mia attenzione, occupata come sono da sempre dal mio fisico già abbondantemente segnato da cicatrici memori di battaglie vitali.
Mi sono imbattuta in un articolo comunque interessante poiché unisce l’idea di vanità all’utilità fisica ed emotiva.
Una ragazza argentina ventottenne, decide di ricoprirsi di tatuaggi laddove la sua pelle è stata rovinata per sempre da ustioni dovute ad un incendio subìto anni prima.
Lali, il suo nome, si vergognava della sua pelle e questo tormentava il suo animo peggiorando di molto la qualità di vita fino alla scoperta dei tatuaggi curativi per vittime di incidenti. Questi le hanno reinfuso sicurezza e voglia di vivere, andando a coprire le brutture che la sua pelle ha dovuto subire. (La Repubblica, 22/04/2021)
Inizialmente destinati a galeotti e marinai, non propriamente ceti sociali considerati elevati, i tattoo nel tempo si sono diffusi trasversalmente in ogni target sociale.
Per quale motivo?
Per moda, bisogno di differenziarsi dalla massa, ricerca di identità, sicurezza, voglia di accettazione (Lali rinasce quando torna ad avere una vita sociale) e di imprimere sul derma momenti indimenticabili come lieti eventi, attraverso una prova comunque dolorosa.
I tatuaggi, intesi come segni indelebili su pelle, provengono da lontano, addirittura migliaia di anni prima di noi, quando i preistorici si imprimevano segni e incisioni sulla pelle per applicare i primi medicamenti erbacei grezzi, albori di una medicina empirica, nella speranza di alleviare dolori.
L’idea di adornare, segnare, alleviare, esaltare, imprimere la propria pelle può avere tante motivazioni, le più varie e soggettive.
La costante unica è l’irreversibilità della scelta, più o meno impegnativa che sia.
Sono preferenze apprezzabili o meno, piacimenti personali con la maggior o minor convinzione del caso, ma trovo che dietro si “nasconda” spesso la fantasia, l’intelletto, la profondità della cognizione umana, che tentano in ogni modo di manifestare la propria presenza e importanza in un mondo in fondo saturo di esseri umani.
Forse la perseverante crisi identitaria degli ultimi decenni che sta coinvolgendo oltremodo i più giovani, fa sì che molti addobbino il proprio derma con immagini varie, poiché in fondo tutto ruota attorno alle emozioni, visive e non.
Cristina Tonelli