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Senzatetto, con dignità.

In un periodo in cui il comune denominatore è una società prospera e in salute, mi colpisce un aspetto di essa tanto radicato quanto erroneamente normalizzato: i senzatetto.

Penso che sia uno dei fallimenti più gravi e lampanti delle nostre società moderne. Un tempo forse, complice anche il fatto che in generale non si viveva certo in un contesto opulento, si era più solidali, complici e comprensivi.

Oggi si fatica a solidarizzare con l’altro, a provare empatia per coloro che avvertiamo come inferiori o fallimentari. È un pensiero crudo ma realistico. 

Spesso ciò che più indigna, oltre allo stesso fatto che esistano persone che debbano condurre una esistenza cosi grama, è l’indifferenza tangibile e scontata che regna sovrana di fronte a tali situazioni, che di riflesso ci fanno sembrare invincibili, forti e realizzati. 

Incontrare indigenti agli angoli delle città ci fa dileguare celermente provando sollievo per non essere finiti a vivere in tal maniera e, in misura minore, ci fa provare dispiacere e indignazione per l’esistenza di tali situazioni così drastiche.

In realtà spesso parliamo di persone che hanno perso tutto per malattia, licenziamenti o divorzi, iniziando una nuova vita fatta di voragini mentali ed economiche. Ciò che fatichiamo a comprendere, è che può capitare a tutti noi: una caduta nella vita che si rivela un domino di perdite sino ad arrivare a stringere il nulla tra le mani.

Siamo una società “grassa” che pecca di faciloneria e lussi più o meno faticati e che dà per scontato agi e comodità. Ciò che non concepiamo è il fallimento, restare indietro rispetto a canoni da noi stessi confezionati.

Il profilo dei senzatetto è falsamente omogeneo, in realtà c’è una variegata dimostrazione di vite intense, complicate e di frequente drammatiche. La loro realtà è un mondo fatto di sofferenza e limiti fisici ma sovente anche mentali, ma anche dignità, umiltà e piena coscienza del sé.

Persone restie ad accettare aiuti altrui per il vasto orgoglio che portano con sé, grati assai anche solo di qualche moneta allungata, amanti dei loro animali e pronti a proteggerli da tutto.                                                                                       

Da essi dobbiamo imparare la resilienza, la dignità, la pazienza di fronte ad una società-maschera, in cui non tutto ciò che luccica è oro ma anzi,a volte è arrugginito e fossilizzato in canoniche regole di facciata.

Cristina Tonelli.

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